Chirurgia
Chirurgia robotica
La Disfunzione Erettile (DE) è definita come l’incapacità del soggetto di sesso maschile a raggiungere e/o mantenere un’erezione sufficiente a condurre un rapporto sessuale soddisfacente.
Le cause sono molteplici: è necessario indagare lo stile di vita e le abitudini voluttuarie come fumo (fra i principali fattori di rischio) e alcool, la terapia farmacologica in atto, la pressione arteriosa, malattie cardiovascolari e neurologiche, l’assetto lipidico, glicemico (il Diabete è fortemente a rischio) e ormonale del paziente. Nella stragrande maggioranza degli individui la causa organica genera anche la componente psicogena.
Lo stile di vita è fondamentale per mantenere una attività sessuale soddisfacente: buona alimentazione e movimento fisico sono il primo step per curare se stessi.
La Diagnosi: counselling andrologico ed esame obiettivo, esami ematochimici su assetto ormonale, lipidico e glicemico, eco-color-doppler dinamico penieno con PGE1 (l’unico esame che fa diagnosi certa di deficit organico).
Terapia
L’approccio terapeutico dipende dall’entità e dalle cause del problema: si classifica in primo livello (terapia farmacologica orale), secondo livello (terapia farmacologica locale con iniezione intracavernosa di PGE1) e terzo livello (protesi peniene).
Le protesi possono essere malleabili o idrauliche, la scelta si basa in funzione delle esigenze del paziente e del quadro generale.
Il World Healt Organization (WHO) definisce l’infertilità come l’incapacità di una coppia di ottenere il concepimento o portare a termine una gravidanza dopo almeno un anno di rapporti sessuali regolari non protetti.
La prevalenza dell’infertilità è in continuo aumento, soprattutto nei paesi industrializzati, in Italia circa 50.000 coppie (15-20%) ogni anno consultano i centri per l’infertilità e la metà si affida a tecniche di riproduzione assistita.
Le cause accertate di infertilità maschile sono numerose e dal punto di vista eziopatogenetico si possono così riassumere
Le cause pre-testicolari di infertilità comprendono gli ipogonadismi ipogonadotropi congeniti (sindrome di Kalmann), acquisiti (es. malattie infiltrative, stress, endocrinopatie), e sindromi iperprolattinemiche.
Tra le cause testicolari vi sono i disordini cromosomici (es. Klinefelter, arresto maturativo, Sertoli-cell only syndrome) disordini dello sviluppo (es. criptorchidismo), il varicocele, le orchiti e tutti gli agenti chimici e fisici che possono causare danni permanenti al parenchima testicolare.
Le cause post-testicolari sono soprattutto riconducibili alle ostruzioni delle vie seminali o ai rari casi di insensibilità agli androgeni (femminilizzazione testicolare).
Vi sono infine situazioni, peraltro assolutamente preponderanti, di infertilità idiopatica.
Per dare un’idea delle proporzioni l’infertilità idiopatica rappresenta fino al 75% delle cause di infertilità, seguono disordini urogenitali come il varicocele (il più importante), l’ostruzione delle vie seminali e le patologie flogistico infettive come le prostato-vescicoliti, queste da sole rappresentano circa il 20% dei casi. I disordini genetici o neuroendocrini sono presenti solo in una piccola parte dei pazienti infertili.
Alcune cause di infertilità sono associate ad una condizione di azoospermia (assenza di spermatozoi nell’eiaculato), in questi casi il quadro si può ricondurre all’alterazione di due funzioni, la secrezione e l’escrezione degli spermatozoi.
Le infertilità secretorie, ossia l’alterazione della produzione dei gameti, rappresentano la maggior parte delle azoospermie, mentre quelle escretorie sono dovute ad una ostruzione delle vie seminali o una compromissione dei meccanismi di espulsione del seme. Si tratta per queste ultime di situazioni cliniche generalmente più gestibili, poiché la produzione dei gameti è efficiente e grazie alle tecniche per il recupero di gameti si riesce di solito ad ottenere la gravidanza. Vi sono poi, ovviamente, delle condizioni miste in cui entrambe le forme possono coesistere.
Le alterazioni secretorie ed escretorie si riflettono in maniera diversa sulla qualità del liquido seminale e sulla capacità di fecondare che non sempre correla, con i parametri seminali.
Le curvature peniene si classificano in congenite o acquisite, in quest’ultimo caso si parla di Induratio Penis Plastica (IPP) o malattia di La Peyronie, dal chirurgo dell’esercito francese di Luigi XV, Francois De La Peyronie, che per primo ne fece una descrizione clinica.
Il recurvatum congenito si manifesta in età puberale ed è dovuto a un anomalo sviluppo dei corpi cavernosi.
Nella stragrande maggior parte dei casi il pene curva verso il basso per una riduzione congenita di dimensioni del lato ventrale rispetto al dorsale; molto meno frequente è la curvatura laterale, in questo caso è uno dei lati del corpo cavernoso ad avere un difetto di sviluppo.
Il recurvatum da IPP è dovuto a una fibrosi localizzata della tunica albuginea, il tessuto elastico che avvolge i corpi cavernosi e che si distende con l’erezione; l’eziopatogenesi è tuttora incerta (malattia autoimmune; post-traumatica o combinazione; Diabete Mellito correlata; collagenopatia).
Un tessuto fibrotico perde elasticità, quindi al momento dell’erezione non accompagna l’aumento di volume e lunghezza dell’asta, determinando una trazione e di conseguenza una curvatura.
La malattia è caratterizzata da una fase attiva e una fase di stabilità, anche se l’evoluzione della stessa non è del tutto prevedibile: si potrebbe definire una “malattia capricciosa”.
Durante la fase attiva, a livello della tunica albuginea si manifesta un processo infiammatorio che determina, a volte repentinamente, una curvatura dell’asta che può essere marcata sin dai primi giorni; può dare anche dolore all’erezione, ma non è un segno sempre presente.
Da questa fase la malattia si evolve fino alla stabilizzazione che, per convenzione, si definisce quando presenta i seguenti requisiti: stabilità della curvatura e assenza di dolore all’erezione da almeno sei mesi.
La diagnosi si esegue mediante eco-color-doppler dinamico penieno con PGE1, che determina obbiettivamente l’entita’ della lesione stabilendo anche la fase della malattia; inoltre permette di valutare una eventuale disfunzione erettile correlata e l’esatto grado di curvatura, informazioni essenziali per un corretto iter terapeutico.
Utile la foto acquisizione del pene in erezione che il paziente è invitato a eseguire personalmente.
Terapia
Differisce a secondo del momento della diagnosi: durante la fase attiva è assolutamente sconsigliato qualsiasi approccio chirurgico ma si esegue solo terapia medica.
La Iontoforesi con miscela di farmaci antiinfiammatori da buoni risultati in termini di risoluzione del dolore e rallentamento o stabilizzazione della curvatura alla diagnosi, meno frequente la risoluzione della malattia (che peraltro potrebbe risolversi spontaneamente).
Quando la malattia è in fase stabile, l’intervento chirurgico ha indicazione nel momento in cui il dismorfismo penieno determina grave insoddisfazione da parte del paziente: inibizione all’approccio, difficoltà meccanica alla penetrazione, dolore durante il rapporto (anche da parte della partner), disfunzione erettile conseguente.
Il tipo di intervento da eseguire deve essere indicato secondo le richieste del paziente, il grado di curvatura, le dimensioni del pene.
Le procedure variano dalla meno invasiva, con semplice plicatura dell’albuginea contro-laterale; alla sostituzione del tessuto fibrotico con patch; alla sostituzione di tessuto e contomitante inserimento di protesi malleabili o idrauliche per l’eventuale deficit erettile correlato.